La conoscenza dell’Ignoto, si sa, da sempre ha generato curiosità negli studiosi delle grandi domande sul percorso umano. Schopenhauer interpretò dal 1800 in poi, quindi verso la modernità, il concetto di fenomeno e rappresentazione. Quasi come se si dovessero avere i dati alla mano, egli fu obiettivo: di realtà accadute possiamo solo riconoscere i fenomeni visibili. Dipende, tutto dipende (come cantava qualcuno dei giorni nostri). Chi osserva, il tempo, lo spazio. Il mondo, così inteso è sempre un oggetto relativo ad un soggetto. E se ogni soggetto capace di comprendere ciascun fenomeno sparisse…anche il mondo della rappresentazione sparirebbe. Le intuizioni dell’intelletto, attraverso le forme di spazio e tempo materializzano ogni oggetto. Esiste poi tutta una serie di concetti che porta ai giudizi. Se la premessa è vera, vero sarà il giudizio; viceversa, a premessa errata corrisponderà errato giudizio. Oltre allo spazio e al tempo, la Causalità (concetto ereditato da Kant), costituisce il principio unitario di spiegazione per l’intero mondo quale rappresentazione. Uno dei fondamenti di concezione di Schopenhauer, tratta il rapporto tra il Mondo-Volontà e il Mondo-Rappresentazione. Potrebbero avvicendarsi come i due lati di una stessa moneta. Ed è proprio l’uomo, con questa bivalenza a decidere e sperimentare sia la volontà che la rappresentazione, in una sua intima dimensione. È la natura dualistica dell’uomo, del resto.
Schopenhauer vuole far sì che si materializzi ogni azione del corpo, come conseguenza della Volontà. Insomma, tutto l’universo ha un’unica radice: la Volontà unitaria e indistinta. Il Tutto si trova per Volontà nel Tutto. E l’atto della Volontà è un atto di volere Atemporale, senza tempo ne scadenza. Soprattutto incondizionato. Sostanzialmente anche Noi facciamo parte di un ordine superiore della Volontà poiché sperimentiamo.
Aggiungo: speriamo per sempre ai fini del bene di ogni essere e forma vivente.
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