“Portiamo i pantaloni, portiamo i libri e possiamo trovare la forza di infrangere ogni soffitto di cristallo, possiamo fare la rivoluzione, possiamo conquistare il mondo, possiamo perfino essere felici, ogni tanto”.
(C. Chanel, colei che “ci liberò dai corsetti”)
La filosofia è donna: sin dall’antichità, la storia è stata costellata da donne filosofe. Purtroppo, però, nell’imperante cultura patriarcale occidentale, non sono mai state ritenute tali e quindi nemmeno citate in alcun manuale. Si pensi al solo fatto che nell’antico Occidente, la filosofia accademica era prettamente di dominio maschile: imperavano le figure di Platone e Aristotele (alquanto misogini e maschilisti, mentre, nell’ombra si celavano immense pensatrici quali Ipparchia, Aspasia e Ipazia (mente eccelsa e indomita filosofa del V secolo, sulla quale è stato adattato un bellissimo film nel 2009: “Agorà”).
“Le donne si trovano dovunque a vivere in questa deplorevole condizione: per difendere la loro innocenza, eufemismo per ignoranza, le si tiene ben lontane dalla verità e si impone loro un carattere artificioso, prima ancora che le loro facoltà intellettive si siano fortificate”.
Sull’onda dei primi movimenti femministi, ecco che spicca la prima filosofa e pensatrice dell’età moderna: Mary Wollstonecraft (Londra 1759-1797), la quale sin da bambina, per allontanarsi dal padre violento capì la fondamentale importanza di avere una propria occupazione, per emanciparsi economicamente.
La filosofa rispecchia profondamente le linee di pensiero dell’illuminismo inglese: libertà e uguaglianza. A tal proposito scriverà due opere in netta contrapposizione a Rousseau (estremamente conservatore e maschilista, tanto da ritenere la donna così inferiore all’uomo da non essere degna dell’educazione privilegiata, riservata al sesso maschile), fondamentali per i movimenti femministi: “A vindication of the rights of woman”
Scagliandosi con veemenza contro Rousseau, che nell’“Emilio” dipinge le donne come esseri civettuoli interessati solo alla bellezza, Mary afferma e rivendica la parità di diritti per le donne; le quali hanno le medesime capacità intellettive, cognitive, conoscitive e morali degli uomini. Proprio per questo devono avere innanzitutto la stessa educazione, per ottenere poi pari diritti, devono poter essere libere di esercitare le loro potenzialità, senza nessuna repressione, all’interno di ogni ambito pubblico (dalle accademie, alla politica, all’economia), al fine di dare un valido contributo all’intera società. Non più relegate in case, ad aspettare accoglienti il marito-padrone e ad accudire i pargoli, ma protagoniste della propria vita nel mondo!
“Le donne invece costrette come sono di occuparsi di una cosa sola e a concentrarsi costantemente sulla parte più insignificante di se stesse, raramente riescono a guardare al di là di un successo di un’ora. Ma se il loro intelletto si emancipasse dalla schiavitù a cui le hanno ridotte l’orgoglio e la sensualità degli uomini, insieme al loro miope desiderio di potere immediato, simile a quello di dominio da parte dei tiranni, allora ci dovremmo sorprendere delle loro debolezze“.
La nostra filosofa, nel celebre passo sopracitato, sottolinea egregiamente il fatto che, sin da bambine, le donne delle famiglie aristocratiche venivano convinte del fatto che il loro “scettro” del potere erano bellezza e corpo, per piacere all’uomo aristocratico, ricco e potente! Proprio perché quella era la richiesta dell’uomo! Un corpo quindi che diventa, ahimè troppo spesso anche nell’attuale società, una gabbia dorata. Per tale motivo sostiene la necessità per le donne di ritrovare la propria dignità perduta, attraverso la conoscenza di sé e di una forte autoconsapevolezza, ottenibili innanzitutto attraverso l’accesso alla stessa istruzione maschile.
1700 vs 2023. Quanti stereotipi di genere sono ancora rimasti?
Quante volte le donne vengono ancora considerate in primis in base al loro aspetto fisico (si pensi agli attuali attacchi nei confronti di G. Meloni o E. Schlein, riguardanti meramente il loro aspetto estetico e non le loro capacità intellettive)?
E infine, per quanto questa cieca e ristretta mentalità non ci permetterà di guardare le persone nella loro interezza, valorizzandone ogni aspetto, per il bene della nostra comunità?
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