Breve studio sul concetto di potere: George Orwell

È bene analizzare etimologicamente la parola “potere” e poi iniziare la digressione riflessiva.

Dallo spagnolo poder, a sua volta dal basso latino pòteret, potèmus, che trae da pòtis con significato di colui che può e propriamente che domina.
Il dominio non è altro che un vero e proprio controllo. Cosa fanno gli stati fin dall’alba dei tempi se non dominarci, tenerci sotto controllo?

Bisogna fare però un breve passo indietro. Noi occidentali abbiamo avuto una storia di continui e costanti intrecci storico-politici, dalla civiltà greca a quella romana, dove nella prima abbiamo avuto la democrazia “diretta” di Pericle, e possiamo ben riconoscere però che il politico ateniese aveva la maggior parte del potere incentrato sulla propria persona. Gli stessi Platone e Aristotele consideravano come forme di governo superiori l’oligarchia e non la democrazia. 

Con la civiltà romana abbiamo avuto la forma migliore di dominio dell’antichità, il diritto si è fatto realtà. In tempi più recenti, a noi molto vicini, la follia del totalitarismo italo-tedesco-russo ci ha mostrato come il potere possa farci male, anzi, come l’umanità possa autoflagellarsi.

Vorrei ora riportare un autore significativo che si è occupato di questo tema in modo pregnante: George Orwell. Egli ha meglio di tutti saputo esplorare e analizzare il concetto di potere, in particolare nei suoi meccanismi di controllo e oppressione delle masse.

Tra le sue opere principali troviamo, “1984” e “La fattoria degli animali“, che sono delle guide (se sapute leggere con la giusta lente) per comprendere come il potere si manifesti, si mantenga e come possa ridurre le persone a strumenti senza volontà, influenzandone la percezione della realtà e domarle nella loro quotidianità.

In “1984”, Orwell descrive un regime totalitario in cui il potere si mantiene attraverso il controllo del pensiero, la riscrittura della storia e la sorveglianza onnicomprensiva. Il Partito controlla ogni aspetto della vita dei cittadini e crea una realtà in cui non esiste verità oggettiva, ma solo ciò che il Partito stabilisce come vero. La verità quindi viene riscritta in base alle volontà del potere. Esso si manifesta nella neolingua, una forma di linguaggio ridotto e distorto che impedisce alle persone di pensare criticamente.

Nel mondo di “1984“, il potere è fine a sé stesso. E questo si manifesta nel celebre slogan “Il potere non è un mezzo, è un fine” riassume pienamente il pensiero di Orwell. Il Partito non esercita il potere per ottenere vantaggi o migliorare le condizioni di vita, ma lo fa per il puro gusto di esercitarlo. Le élite politiche vogliono perpetuare il controllo, e il modo migliore per farlo è eliminare qualsiasi forma di dissenso, anche solo potenziale.

Passando alla seconda opera più importante in tal senso, anche in “La fattoria degli animali“, l’autore esplora il tema del potere, questa volta attraverso una parabola politica. Gli animali si ribellano contro il loro padrone umano per creare una società egualitaria, ma ben presto, il nuovo gruppo dirigente, i maiali, diventa più oppressivo e tirannico di quello precedente.

La frase finale, “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri“, mostra come anche in un sistema che nasce con l’idea dell’uguaglianza, il potere corrompe inevitabilmente, creando nuove differenze. Per Marx queste erano dettate dalla ricchezza opposta tra gli operai e i borghesi del XIX secolo.

Se consideriamo il potere nel mondo odierno, vediamo che molti dei meccanismi descritti da Orwell sono ancora rilevanti, anche se si presentano in forme più sottili.

Oggi non viviamo sotto un regime totalitario come quello descritto in “1984“, ma il potere si manifesta attraverso una nuova forma di controllo: quello digitale. Le grandi piattaforme tecnologiche utilizzano i dati delle persone per profilare i loro comportamenti e influenzarne le scelte, un fenomeno noto come capitalismo della sorveglianza.

Molte volte non è il governo a controllare la popolazione in modo diretto ma personaggi privati, magnati che hanno accumulato un potere e una ricchezza enorme che manifestano attraverso l’informazione e i canali social influenzando le scelte dei singoli. In questo senso, risulta sempre più decisiva la formazione della popolazione verso una educazione alla critica e al pensiero destrutturante. Questo per evitare la riscrittura della realtà attraverso la “neolingua“, gli algoritmi automatizzati che decidono quali notizie debbano essere al centro e quali debbano rimanere nascoste, creando una bolla informativa che rinforza i nostri pregiudizi e limita il pensiero critico.

Da qui il fenomeno delle fake news e della disinformazione che risuona forte con l’idea orwelliana di un potere che manipola la verità. La frammentazione dell’informazione e il suo uso deliberato di false narrazioni per orientare l’opinione pubblica fanno sì che la verità diventi fluida, malleabile, e soggetta alle necessità di chi detiene il potere.

Oggi, molte delle nostre attività quotidiane vengono monitorate dai governi e dalle aziende, tramite smartphone, social media e sistemi di intelligenza artificiale che tracciano i nostri comportamenti giornalieri e che molto superficialmente noi tutti lasciamo in rete.

Vale la pena riflettere su come il potere economico si sia fuso con quello politico. Le grandi corporazioni multinazionali, nello specifico quelle che gestiscono le infrastrutture tecnologiche, esercitano un potere che spesso supera quello degli Stati nazionali, influenzando le politiche pubbliche e manipolando la popolazione attraverso forme di consumo e intrattenimento che distolgono dall’attivismo o dal pensiero critico, come descritto da autori come Huxley nel suo Brave New World del 1932.

In ultimo dobbiamo ammettere che Orwell ci ha lasciato una lezione fondamentale: il potere non si limita a controllare ciò che facciamo, ma mira a controllare ciò che pensiamo. E oggi, nel mondo digitale e iperconnesso, questa battaglia per la nostra mente e la nostra libertà interiore continua, spesso sotto forme meno visibili ma altrettanto pericolose.

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