Soggetto – Domande difficili, risposte impossibili

Immaginiamo di essere ad un colloquio di lavoro e che la persona addetta all’intervista inizi la conversazione con una domanda tanto ovvia quanto complessa: “dimmi chi sei”. Voi allora vi presentate, dite il vostro nome e cognome, ma venite stoppati con una replica secca e ferma: “non ho chiesto il tuo nome, ho chiesto chi sei”. Rilanciate con altre risposte, ma venite sempre interrotti. Iniziate ad innervosirvi, imbarazzarvi, vi sentite sciocchi perché sembra una domanda così stupida, iniziate a provare ansia da prestazione. Certo, non vi capiterà mai una situazione simile; eppure, a volte ci siamo tutti, chi un po’ di più chi un po’ di meno, interrogati su noi stessi. Quando proviamo a rispondere, magari a sollecitazioni esterne, elenchiamo una serie più o meno estesa di criteri, di categorie. Il più delle volte comunichiamo subito la nostra occupazione, poi quello che ci piace e quello che non ci piace. Quello che si tende a non cogliere, quello che manca e che non cerchiamo, è uno sguardo profondo ed interno a noi stessi: è come quando proviamo a guardare il nostro stesso naso, non possiamo farlo direttamente, dobbiamo utilizzare un’immagine mediata come quella di uno specchio. Spesso non facciamo altro che indossare le immagini prodotte dall’esterno, le facciamo nostre convinti di poterle piegare quando invece sono queste a piegare noi. In questo non-luogo cerchiamo noi stessi, cerchiamo le risposte alle domande riguardo alla nostra esistenza, non trovandole. Ma questo non deve far spavento, anzi dobbiamo accettare il fatto che, al di là di ogni definizione e paradigma, esiste un qualcosa di irriducibile, ineffabile, che è molto di più della nuda vita. D’altro canto, ci rendiamo conto che vi è uno scarto, avanza sempre qualcosa quando proviamo a ricomporci, accorgendoci che vi è un di più rispetto alla somma delle singole parti. Esiste una sorta di pi greco che ci definisce nella nostra unicità sia quando ci spogliamo di tutto sia quando invece cerchiamo di tirare le fila su quello che siamo, su cosa siamo. Questo pi greco fa effettivamente la differenza poiché se prendessimo un’altra persona e la “vestissimo” coi nostri panni non ci sarebbe ovviamente lo stesso risultato. Quindi se mai dovesse capitarvi di sentire una domanda del genere, spiazzate il vostro interlocutore, rispondendo con un laconico “io sono Io”.

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