Verbo – Essere ed il Nulla in Meister Eckhart

Quello che andrò ad esaminare all’interno di questo articolo è il senso del termine Nulla, attribuito a Dio, in Meister Eckhart (1260 – 1328), restringendo il campo di indagine (vista l’enormità di riferimenti) a degli estratti tratti dal Sermone 71 dal titolo «Paolo si alzò da terra». A ciò si aggiunga il non-significato di Nulla (nihil) presente nel De Magistro di Agostino, in quanto dire “nulla” implica riferirsi a qualcosa. Il primo passo preso in esame è il seguente:

«Paolo si alzò da terra e con gli occhi aperti vide nulla. Mi pare che questa paroletta abbia un quadruplice senso. Il primo è questo: quando si alzò da terra, vide con gli occhi aperti il nulla, e questo nulla era Dio; infatti, quando vide Dio, lo chiama un nulla. Il secondo senso è questo: quando si alzò, non vide null’altro che Dio. Il terzo: in tutte le cose, non vide null’altro che Dio. Il quarto: quando vide Dio, vide tutte le cose come un nulla.» 

Essendo il primo quello più interessante, vorrei trattare prima i successivi: nel secondo si intende prima una visione totalizzante di Dio, nel terzo la trascendenza in tutte le cose. L’ultimo va ad indicare, dopo l’esperienza mistica, come le cose terrene appaiano subito insignificanti a Paolo. Tornando al primo senso di nulla, si potrebbe dire che questo nulla esperito da Paolo sia l’assenza di vista in sé, attribuendolo a Dio quale causa dell’accecamento. Questa risposta però cozza con l’utilizzo dell’articolo “il” precedente la parola nulla, dando un senso di assoluto più profondo. C’è dell’altro, infatti, che si aggancia a questo senso: più avanti nel testo Eckhart a proposito scrive:

«Io non posso vedere cosa è Uno. Vide il nulla, e quello era Dio. Dio è un nulla, e Dio è un qualcosa. Ciò che è qualcosa è anche nulla. Quel che Dio è lo è completamente».

A mio modo di vedere, l’idea di Uno che porta avanti Eckhart nasce da un’elaborazione dell’Uno di Plotino. Sia Sant’Agostino, sia San Tommaso d’Aquino (ma non solo) identificano Dio con l’Essere, riprendendo le caratteristiche parmenidee. Questo fatto rimanda alla questione precedente, ovvero l’utilizzo delle parole “vide il nulla”: Eckhart, la scelta dell’articolo determinativo non lascerebbe spazio ad altre interpretazioni di nulla; quindi, come può Dio essere Essere e Non Essere insieme? Questo paradosso violerebbe il principio di non contraddizione, cosa però impossibile secondo Tommaso d’Aquino, il quale sostiene che per Dio sia impossibile essere Non Essere. Essendo poi un principio senza principio, è ingenerato e “causa sui”, quindi utilizzando la confutazione di Gorgia agli eleati per risolvere quest’altra impasse logica a proposito direi: se è ingenerato ed eterno come l’Essere parmenideo, si potrebbe dire che non esiste in quanto

«[…] quello che è eterno, siccome non è generato, non ha principio. Se non ha principio è infinito, e se è infinito non è in alcun luogo. […] Quindi se ciò che è, è eterno, esso è infinito: se è infinito non si trova in nessun luogo, e se non si trova in nessun luogo non è», aggravando la posizione di chi, come lui, ha appena definito Dio come nulla.

L’Uno infine non è predicabile: prendendo questa caratteristica alla lettera, Eckhart arriva alla massima espressione di teologia apofatica, poiché non potendo dire alcunché di positivo o di negativo, arriva alla drastica conclusione di definire Dio come nulla, il che potrebbe generare il fraintendimento (e così sarà) di percepire Dio al pari del Non Essere.

Opere citate: Gorgia – Frammenti, Editore Paolo Boringhieri 1959; Meister Eckhart – I Sermoni, a cura di Marco Vannini, Paoline Editoriale 2002 Sant’Agostino, De Magistro, Ugo Mursia Editore 1993; Sant’Agostino, La trinità, traduzione italiana di G. Beschin, Città Nuova Editrice, 1973;  Tommaso d’Aquino – L’ente e l’essenza, traduzione italiana di Maurizio Sacchi, Ledizioni 2012; Tommaso d’Aquino – Somma Teologica, traduzione italiana di Antonio Balducci, vol. II, Salani, 1958.

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