Letture novecentesche di Spinoza: Piero Martinetti (2)

Un altro contributo molto interessante dato da Piero Martinetti (1872-1943) alla moderna rilettura del pensiero spinoziano lo troviamo nel breve ma denso saggio. La dottrina della libertà in Spinoza, ora pubblicato nel volume La religione di Spinoza, a cura di Amedeo Vigorelli, Mimesis, Milano-Udine, 2022, 83-94. In questo saggio Martinetti ripropone i due caposaldi che fondano l’idea di libertà difesa con passione da Baruch Spinoza (1632-1677): (i) la libertà non è uno stato d’indifferenza o indeterminazione che precede il nostro volere; (ii) la libertà è partecipazione alla necessità della ragione. Per sostenere la prima tesi Spinoza demolisce l’idea che esista una facoltà nell’uomo che si chiami volontà. La volontà esiste solo nel momento in cui si determina nei suoi atti, nelle singole volizioni. Non esiste in sé, perché l’uomo è un essere finito e non ha in sé medesimo la ragione del suo esistere. Non può quindi esistere una volontà che abbia in sé la ragione del suo agire, ma solo in quanto agisce. Se non esiste una volontà prima che si determini, non esiste una libertà fatta di pura indeterminazione, di pura indifferenza rispetto all’agire in un modo piuttosto che in un altro. Ne consegue che, se la libertà è indeterminazione, noi non siamo mai liberi perché è come se fossimo posti all’esterno delle cause del nostro essere ed agire. Il che è impossibile. Ogni nostra scelta avviene all’interno di condizioni che noi non abbiamo scelto, ma che sono ineludibili. Qui si coglie la concezione concreta e pratica che Spinoza ha della libertà, aliena da ogni astrazione spiritualistica o esistenzialista. L’essere umano, come ogni essere finito, è determinato ad essere ed operare secondo la legge della propria natura e non vive mai uno stato che precede questo suo voler perseverare nell’essere e nell’operare. Spinoza chiama cupiditas (desiderio) questo impulso naturale che ci governa quali essere finiti determinati dalla causa che ci fa esistere: cupiditas, absolute considerata, est ipsa hominis essentia, quatenus quocumque modo determinata consideratur ad aliquid agendum (“il desiderio, considerato in senso assoluto, è l’essenza stessa dell’uomo in quanto la si concepisce determinata in un modo qualunque a fare qualcosa”) (Etica, IV, Proposizione 61). La vera libertà non va quindi cercata nella indeterminazione, nella contingenza – scrive Martinetti, centrando perfettamente il nucleo dell’intuizione spinoziana- ma nella partecipazione alla necessità divina. La necessità non è nemica della libertà, ma ne è anzi il fondamento. Qui siamo di fronte ad un vero “colpo d’ali” del pensiero spinoziano: non solo riconcilia la libertà con la necessità, ma la fa discendere da quest’ultima. L’uomo, in quanto essere finito, non può mai essere libero assolutamente, ma è tanto è più libero quanto più l’attività sua partecipa alla ragione: quanto più, in altre parole, – scrive Martinetti – la necessità che collega i suoi atti si avvicina a identificarli con la necessità razionale della realtà intelligibile. La libertà non è libero arbitrio, ma libera necessità.

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