Scrive Gilles Deleuze nel capitolo diciottesimo del suo saggio Spinoza et le problème de l’expression (1968, tr. it. Spinoza e il problema dell’espressione, Quodlibet, Macerata, 1999) che per Baruch Spinoza (1632-1677) esistono tre generi di conoscenza. Il primo genere corrisponde allo stato di natura: percepiamo gli oggetti secondo la causalità degli incontri, in seguito all’effetto che esercitano su di noi. Qui l’immaginazione forma idee universali astratte che si soffermano sulle qualità sensibili degli oggetti che vengono indicate con dei segni. A questa funzione indicativa dei segni se ne sostituisce una imperativa che caratterizza o stato civile, dove i segni ci dicono quello che dobbiamo fare se vogliamo raggiungere un certo scopo. Si tratta di una conoscenza che rimane inadeguata, implicita e non esplicata. Anche la condizione religiosa riguarda il primo genere di conoscenza perché si basa sui segni della rivelazione che riguardano sempre l’immaginazione. Il secondo genere di conoscenza è quello che si esprime mediante le nozioni comuni. Esse rappresentano la somiglianza compositiva fra i modi esistenti. Esse sono le prime idee adeguate che, pur trovando nell’immaginazione le condizioni per la loro formazione, trovano nella ragione la loro fonte. La ragione, in virtù della sua legge, forma nozioni comuni, ossia idee delle proprietà “che contempliamo sempre come presenti” (Ethica, III, Proposizione 49). L’immaginazione, trascinata dal suo destino e affetta da cause diverse, non è in grado di tenere ferma la presenza del suo oggetto. Solo la ragione non si accontenta di diminuire in modo relativo la forza delle passioni: “ se si tiene conto del tempo”, gli affetti passivi che nascono da ragione o dalle nozioni comuni sono in sé più forti di tutti gli affetti passivi che nascono dall’immaginazione. La necessità, la presenza e la frequenza sono le caratteristiche delle nozioni comuni. Per Spinoza dalle nozioni comuni si arriva, infine, al terzo genere di conoscenza. Infatti, ogni nozione comune ci conduce all’idea di Dio, come al suo vertice. Ma l’idea di Dio non è una nozione comune, ma un’idea loro concomitante, perché attribuisce una nuova valutazione ai modi esistenti di cui le nozioni comuni ci hanno fatto conoscere le concordanze e le discordanze esistenti tra loro. In Dio l’attributo non è solo inteso come la proprietà comune a tutti i modi esistenti che gli corrispondono, ma anche come ciò che costituisce l’essenza singolare della sostanza divina e come ciò che contiene tutte le essenze particolari dei modi. Qui l’aggettivo “comune” non significa più “generale”, cioè applicabile a più modi esistenti, ma acquisisce il senso di “univoco”: l’attributo è univoco o comune a Dio, di cui costituisce l’essenza singolare, e ai modi, dei quali contiene le essenze particolari. Vi è perciò una differenza fondamentale tra il secondo e il terzo genere: le idee del secondo genere si definiscono in base alla loro funzione generale, si applicano ai modi esistenti e ci fanno conoscere la composizione dei rapporti che li caratterizzano. Le idee del terzo genere si definiscono invece in base alla loro natura singolare, rappresentano l’essenza di Dio, ci fanno conoscere le essenze particolari quali sono contenute in Dio.
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